Ok. Io non ho la più pallida idea di dove provenga la mia folle, atavica, inspiegabile paura per un aereo.
So solo che, viaggiare viaggio: ma mi cago puntualmente addosso! Oscillando tra uno sguardo vacuo e quello di Terrore purissimo che manco il bambino con tanto di barchetta cui IT sussurra “Lo vuoi un palloncino” con lo stesso tono di Sandro Ciotti al novantesimo. O quello che è stato in grado di procurarmi la bambina con tanto di pupazzo sul dondolo della Casa 3 in età tardo-adolescenziale.
Ma comunque. E nella speranza di aver reso sufficientemente l’idea…
Io ho il terrore dell’aereo! Il training autogeno per mantenere la calma con me non funziona. Appurato.
E manco il kit del perfetto viaggiatore atterrito: rosso Cori, tredici gradi e mezzo, accuratamente travasato in bottiglietta da borsetta la sera prima del volo. Che ovviamente non imbarcherai mai non perché non siano ammessi liquidi tra le nuvole, ma perché tanto a Ciampino non ci arriva: sia mai che non mi faccio l’ultimo aperitivo!
Ad ogni modo: questa è la situazione. Ma non è questo il punto!
Perché la domanda da un milione di dollari è un’altra, gente. Nel senso: tu sali su un aereo, no?! Ti stai cagando in mano pressappoco come…non ci fosse un domani. Ti accomodi singhiozzando su ‘sti seggiolini giallo/grigio post mortem per epatite. E loro: tac.
Cosa ti piazzano davanti?! Una spiaggia delle Fiji? Un ciliegio in fioritura? Un’ape che impollina sarcazzo cosa? O una cicogna? Simbolo della vita. Una farfalla?! Ma anche il bozzolo, eh!? Eccheccazzo, per Dio: immagini zen ne esistono!
Ma loro no.
Tu ti stai cagando addosso come Wendy davanti all’ascia coniugale e loro ti piazzano di fronte il manifesto della “perfetta sopravvivenza”. Grazie! Ar cazzo.
E cosi, tra una presa e l’altra di ossigeno (quello che “potete trovare sopra le vostre teste, ma tranquilli: scenderà automaticamente in caso di depressurizzazione”. Grazie.) ti trovi davanti un omino stilizzato e particolarmente sfigato che in quattro fasi tenta di (in ordine neanche troppo sparso):
A. cercare di non morire carbonizzato
B. cercare di non morire annegato
C. cercare di non morire soffocato
D. cercare di sopravvivere all’ammaraggio (che comunque “è molto raro”. Grazie della specifica! Cazzoni.)
E. Cercare di non morire. Punto.
Roba che non sai più cosa preferire tra:
1) continuare a singhiozzare senza un perché rischiando che il tuo attuale compagno chieda il divorzio dopo soli sei mesi, senza essere sposati
2) continuare nell’indifferenza a verificare che il pirulo (non saprei come altro definirlo e non so se esista in italiano) che tiene chiuso il tavolino davanti non si stacchi alla Final Destination (si: anche quello del vicino, va bene?! Anche se ti guarda come se gli avessi chiesto di odorare i tuoi piedi con tanto di gentilissimo responso sul grado fetore.)
3) focalizzarti sui trucchi della Shiseido che aleggiano sopra l’omino stilizzato. Quello mezzo morto carbonizzato, sempre per intenderci. O soffocato. O depressurizzato. O annegato. (…ma il Notturno di Chopin?!)
Roba che ancora non ho capito perché di fronte alla poltrona del mio uomo, invece, fossero pubblicizzati degli hamburger!
Ma comunque.
Decido che voglio vivere. Perché adesso, io, il perfect compact fondotinta in polvere Shiseido lo voglio comprare. Eccome! E ‘sti cazzi dell’ammaraggio (quello raro comunque.)
Io voglio vivere!
Ma prima fatemi capire una cosa, davvero: ma l’utilità della Hostess? No, vi prego. L’utilità della hostess?????
Quella che tanto non si caga nessuno.
Quella che fa mosse alla Karate Kid consapevole che in caso di ammaraggio (“molto raro”), di fuoco, depressurizzazione, esplosione, cacarella, varie ed eventuali….sa perfettamente che l’unica cosa da fare sarà Panico, Paiura, Bestemmie, Gomitate e Pace e Bene Fratelli. Ecco: Lei.
Perché mi scuso se chi legge è hostess: ma quanto ad utilità in questo mondo Gianni Sperti vi fa una pippa a due mani.
Con tutto il rispetto del caso,
vostra,
Lallai
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